…altrimenti non rappresenta un vino di territorio.
Ho sulle spalle 65 vendemmie e quindi ho ben presente la memoria storica della tradizione. Mentre gli altri hanno inseguito le mode arrivando a produrre un vino buono ma standardizzato-impersonale e poco spontaneo, che poco riguarda il vitigno e il territorio, seguendo più i dettami delle mode, io ho preferito ottimizzare il processo tradizionale utilizzando ciò che la tecnica moderna ci ha messo a disposizione.
Per me il vino deve dare emozioni, deve rappresentare il vitigno, deve essere l’espressione del territorio, deve insomma rispettare la tradizione del posto nonché l’andamento climatologico che ha accompagnato la formazione-maturazione delle uve e l’unica variabile concessa è la mano del cantiniere. In altre parole, nella bottiglia a mio modo di vedere deve esserci la fotografia ad alta definizione della vendemmia.
Purtroppo siamo in un periodo in cui la tendenza generale dei vitivinicoltori segue le mode sperando in facili guadagni, ma quando si segue la moda si copia e quando si copia si è sempre secondi, nella migliore delle ipotesi.
Io invece per mia formazione ed etica ho perseguito una strada più difficile, evitando il più possibile di adeguarmi alle mode. Ho utilizzato e sto utilizzando le mie conoscenze tecniche acquisite grazie ad un’esperienza quindicennale di tecnica elettronica nella ricerca industriale per vinificare un prodotto nel massimo rispetto del suo terroir.
In questo contesto di ricerca e tradizione sono prodotti i miei vini bianchi: Pigato, Vermentino e Spigau. Quanto ai rossi produco Rossese e Macajolo.
I miei vini sono tutti emozionali e siccome è difficile tradurre in parole le emozioni, come si può ben comprendere, la cosa più saggia è farne una degustazione.