
Pigato 2010 Rocche del Gatto: “Ma perché anarchico?”
Me lo son curiosamente chiesto, dopo aver bevuto i suoi vini. Con questo Pigato è stato coup de cœur; per ulteriori conferme, rivolgersi al coniglio alla ligure, in accompagnamento.
Macerazione, il tempo giusto e necessario, acciaio, riposo sulle fecce, niente filtrazione e poca solforosa. Tutto secondo la sensibilità di Fausto.
Anarchico?
Un vino di rara territorialità, dorato e secchissimo, con complessità crescente allo scorrere del tempo. Un calice via l’altro, che profuma e sa di mare, alga e salsedine, albicocca e pesca, cedro e arancia. E quei sentori che ti proiettano sulle colline liguri, fronte mare, in una dimensione balsamica e di macchia mediterranea – rosmarino e menta – con speziatura piccantina, quasi bruciante. E salino.
Dodicigradipuntocinque di meraviglia e bellezza, di profonda tensione gustativa.
Incanta in allungo.
Raramente ho trovato tanta pulizia e rigore, che fanno il paio con carattere e personalità.
Anarchico? Per me, anarchico, lo è chi fa vini all’opposto. Anarchico è il vino impreciso, difettoso, ridotto/ossidato a canna e altre pregiate essenze, di cui non sto qui a smenare.
Fausto anarchico? Un lemma usato a vanvera, svuotato del suo significato e che mi ha garbatamente stancato. Come quello usato da un ex venditore di elettrodomestici, convinto di essere il creatore e custode del cd vino libero, facendone una mezza crociata, forse ignorando che il Fausto è da mo’ che lo fa, indicandolo, al plurale, in etichetta.

